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L’Italia che Ricicla 2025: economia circolare italiana tra eccellenze consolidate e ritardi strutturali

Presentato il Rapporto annuale ASSOAMBIENTE: in difficoltà le filiere di plastica, costruzione e demolizione, tessile e RAEE.

L’Italia che Ricicla 2025: economia circolare italiana tra eccellenze consolidate e ritardi strutturali

L’industria italiana del riciclo dei rifiuti continua a distinguersi a livello europeo per performance elevate. Dietro ai numeri positivi emergono però fragilità profonde in alcune delle filiere più strategiche – plastica, tessile, edilizia e RAEE – ancora frenate dalla scarsa raccolta, dall’assenza di mercati maturi e da una domanda insufficiente di materiali riciclati. Il sistema resta frammentato e privo di una strategia industriale in grado di trasformare il riciclo in una vera leva competitiva per il Paese.

Sono queste le principali evidenze emerse nel corso della presentazione del Rapporto annuale “L’Italia che Ricicla”, promosso dalla sezione UNICIRCULAR di ASSOAMBIENTE - l’Associazione delle imprese di igiene urbana, riciclo, recupero, economia circolare e smaltimento di rifiuti, nonché bonifiche.

Rifiuti urbani e speciali: i numeri del riciclo italiano

In Italia si producono 193,8 mln di tonnellate di rifiuti, di cui 164,5 mln di tonn di rifiuti speciali (che comprendono anche gli 8,8 mln di tonn. provenienti dalla gestione degli urbani) e 29,3 mln di tonn. di urbani. I rifiuti speciali derivano soprattutto da attività di costruzione e demolizione (50,6%), dagli scarti del trattamento rifiuti (23,5%) e dall’attività manifatturiera (16,8%). Tra gli urbani, prevale l’organico (34,7%), seguito da carta e cartone (21,8%), plastica (12,8%) e vetro (8,3%). Le raccolte differenziate hanno raggiunto quota 66,6% (19,5 mln di tonn.). Ma che fine fanno i nostri rifiuti? Il 54% dei rifiuti urbani viene avviato a riciclo, il 20% a recupero energetico e il 16% finisce in discarica.  Ancora migliori le performance nei rifiuti speciali per i quali la percentuale di riciclo si attesta al 73,1%.

Un primato senza strategia industriale. La fragilità delle filiere dell’edilizia, plastica, tessile e RAEE

 Il Rapporto sottolinea come l’Italia mantenga performance elevate nel riciclo grazie a filiere storiche come carta, vetro e metalli che vantano tassi di riciclo decisamente elevati (oltre il 70%), ma fatichi a trasformare tale vantaggio in una strategia industriale capace di ridurre la dipendenza da materie prime ed energia importate e di contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici UE.

Le maggiori criticità emergono da comparti strategici per quantità e impatti ambientali,come plastica, tessile, edilizia e RAEE, per cui la raccolta resta insufficiente e i materiali riciclati faticano a trovare sbocchi di mercato. Nell’edilizia (rifiuti da costruzione e demolizione), pur in presenza di un tasso di recupero dell’81%, il mercato degli aggregati riciclati rimane debole per mancanza di domanda e a causa di norme disomogenee. Ne deriva un crescente accumulo di materiali riciclati inutilizzati.

L’attuale situazione di emergenza per la filiera della plastica nasce dalla concorrenza dei polimeri vergini a basso costo, da elevati costi energetici e dalla persistente incertezza normativa, fattori che stanno mettendo in grave crisi uno dei settori simbolo del riciclo italiano. Per le filiere del tessile e dei RAEE i bassi livelli di raccolta impediscono di recuperare materie prime seconde preziose, aggravando la dipendenza da risorse critiche. Anche nei settori in cui il riciclo funziona (carta e vetro), l’elevata intensità energetica degli impianti e il peso del sistema EU ETS riducono la competitività, evidenziando la necessità di supporti energetici e di un quadro fiscale più favorevole.

Un settore frammentato ma strategico

Il report evidenzia poi come il tessuto industriale del riciclo italiano sia composto in larga parte da micro e piccole imprese e continui complessivamente a soffrire di margini ridotti, volatilità dei prezzi e ostacoli allo sviluppo di mercati nazionali delle materie prime seconde realmente competitivi. Lo studio indica nella osmosi industriale (collaborazioni tra imprese, scambi di sottoprodotti, integrazione delle filiere) una delle leve chiave per rafforzare la produttività e l’efficienza del sistema.

“L’Italia dispone delle competenze e delle tecnologie per assumere un ruolo leader nella transizione circolare, ma deve sciogliere le sue contraddizioni e accelerare verso un modello economico capace di produrre e utilizzare materie prime preziose per la nostra industria, ridurre i consumi, le dipendenze e gli impatti ambientali. La sfida è aperta, e riguarda il futuro industriale e il benessere del Paese, infatti se il sistema regolatorio ed economico-industriale non è in grado di favorire l’uso delle materie prime derivanti dal riciclo dei rifiuti, continueremo ad avere dei risultati di riciclo eccellenti, ma l’Economia Circolare rimarrà solo un’ideologia da sbandierare per convenienza”, ha affermato a margine dell’evento Paolo Barberi - Presidente della Sezione UNICIRCULAR di ASSOAMBIENTE.

“Il riciclo non è più solo un tema ambientale, è una leva industriale, competitiva, strategica per la sicurezza delle risorse e per la decarbonizzazione del Paese. Occorre però un cambio di passo: servono regole chiare, uniformi e stabili, una fiscalità che premi davvero chi investe nella circolarità, criteri End of Waste efficaci e una politica di acquisti pubblici in grado di trainare i mercati del riciclato”, ha aggiunto Chicco Testa - Presidente di ASSOAMBIENTE.


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