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Acciaio: la ''Road to the future'' è ancora verde?

Acciaio: la ''Road to the future'' è ancora verde?

A Made in Steel si è parlato del processo di decarbonizzazione che la filiera siderurgica sta affrontando. Ancora dubbi sull’effettivo mercato dell’acciaio verde.

La filiera dell’acciaio è d’accordo: affrontare la sfida del cambiamento climatico non è un’opzione. Ma l’attuale incertezza economica e geopolitica sta rallentando gli investimenti delle aziende in decarbonizzazione che erano stati pianificati negli anni scorsi e potrebbe anche rimandare gli obiettivi fissati dal legislatore, visto il sopraggiungere di nuove emergenze da affrontare.

È quanto è emerso nel convegno di chiusura a Made in Steel, la Conference & Exhibition internazionale dedicata alla filiera dell’acciaio, dal titolo “Road to the future: decarbonizzare il settore siderurgico europeo rimanendo competitivi”.

Nell’Unione europea la tecnologia di produzione siderurgica basata su altoforno è ancora prevalente (56,3%). I vincoli stringenti della Commissione europea sulla riduzione di emissione di CO2 entro il 2030 e l’aumento del prezzo di scambio delle quote di emissione ETS hanno indotto i principali gruppi siderurgici ad affrettare il passo della decarbonizzazione, varando piani di sostituzione degli impianti con ciclo integrato con impianti basati su forno elettrico che utilizzano come materia prima, oltre al rottame, anche minerale di ferro preridotto (DRI/HBI).

Secondo un’analisi dell’Ufficio Studi siderweb, i nuovi forni elettrici che si prevede entreranno in funzione in Unione europea entro il 2030 sono 28 (con una capacità produttiva complessiva pari a circa 43 milioni di tonnellate di acciaio l’anno), di cui 17 con annesso impianto di preriduzione (trasformazione del minerale di ferro in DRI/HBI). Dei 28 impianti previsti, 24 sostituiscono una produzione di acciaio con altoforno (pari a circa 34 milioni di tonnellate annue); gli altri 4, con annesso impianto di preriduzione, sono invece nuovi. Nell’Ue verranno inoltre installati altri 5 impianti di preriduzione, in aggiunta a quelli abbinati agli EAF, per la produzione di DRI/HBI destinato ad alimentare sia EAF che BF-BOF già esistenti che non saranno sostituiti.

Per diminuire le emissioni di CO2 come chiede il legislatore, «possiamo seguire quattro vie, e ciascuna ha i proprio punti di forza e di debolezza: il Ccus (carbon capture, utilization, and storage); l’idrogeno; l’elettrificazione completa del processo produttivo e lo sfruttamento delle biomasse». Lo ha spiegato aprendo il convegno Carlo Mapelli, professore ordinario del Politecnico di Milano.

In Italia, circa l’80% della produzione di acciaio avviene già mediante forno elettrico. L’emissione di CO2 con questo processo è pari a circa 100-200 kg per tonnellata di acciaio prodotto, rispetto a 1.800-2.000 kg di CO2 per tonnellata di acciaio generata con il processo a ciclo integrato con altoforno.

I produttori nazionali di acciaio «hanno già investito massicce risorse per arrivare a questi risultati. Il nostro acciaio Chalibria è stato il primo “voluntary labelled” come “green” in Italia e uno dei primi in Europa – ha detto Carlo Beltrame, Business Development Manager e CEO del Gruppo AFV Beltrame per Francia e Romania -. Eppure, in Europa, per i gruppi che intendono passare dal ciclo integrato al forno elettrico stanno venendo allocate risorse pubbliche per miliardi di euro. Per noi produttori con EAF nulla».

Feralpi Group «ha deciso di non fermare» i propri piani di decarbonizzazione, ha spiegato Maurizio Fusato, responsabile Transizione ecologica ed energetica del Gruppo Feralpi. «Investiremo ingenti risorse per aumentare l’elettrificazione» dei processi produttivi, arrivando ad avere i primi due rolling mill in Europa senza forni di riscaldo, quindi senza consumo gas. «Tra il 2022 e il 2024 abbiamo ridotto del 35% le nostre emissioni Scope 1 e Scope 2 con l’elettrificazione e la produzione e l’acquisto di energia rinnovabile. Il vero problema sul lungo periodo sarà decarbonizzare anche lo Scope 1 che non è possibile elettrificare. Lavoreremo anche sullo Scope 3, coinvolgendo la value chain».

«Dobbiamo potenziare gli sforzi che tutti stiamo facendo, ma se essi non saranno economicamente sostenibili, non ci sarà alcun cambiamento» ha detto Stéphane Tondo, Head of Sustainable Development Europe di ArcelorMittal. «A novembre abbiamo messo in pausa i nostri progetti di decarbonizzazione. Siamo pronti dal punto di vista tecnologico, con diverse soluzioni. Ma al momento il mercato non è pronto. Rimaniamo convinti che l’Europa sia ancora il contesto adatto per produrre acciaio, ma dobbiamo mantenerne la competitività. Serve un level playing field».

Chi sta investendo massicce risorse in acciaio verde, ma non in Europa, è Jindal Shadeed Iron & Steel. Il CEO Harssha Shetty ha ricordato che «in Oman produciamo già oggi 3,2 milioni di tonnellate di acciaio verde e stiamo costruendo nuovi impianti con una capacità di 5 milioni di tonnellate», alimentati «per il 70% con energia solare e per la restante parte con idrogeno verde. Per ora i costi di questa materia prima sono alti, ma scenderanno progressivamente. Per essere economicamente sostenibile, si dovrà arrivare a circa 1,5 dollari/kg».   

Anche la distribuzione e la trasformazione «hanno un ruolo chiave per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. La distribuzione ora include trasparenza, rendicontazione delle emissioni, sostenibilità, oltre ai meri costi e alla logistica - ha spiegato il presidente di Eurometal, Alexander Julius -. La supply chain sta evolvendo in un sistema climate-centric». «Oggi nessuno vuole pagare un extra costo sull’acciaio – ha detto -, ma il mondo sta già cambiando. Dal punto di vista della comunicazione, è un discorso che già ora va affrontato lungo tutta la supply chain. È inevitabile che il prezzo per il consumatore finale salirà».

«Siamo coinvolti nei maggiori progetti di decarbonizzazione in Europa. La prima fase è in linea con i progetti; probabilmente le seconde e terze fasi, visto il contesto incerto, saranno rimandate». Lo ha detto Carlo Piemonte, Technical Sales Director Casting & ESP di Primetals Technologies. I progetti di conversione da ciclo integrato a forno elettrico «hanno costi enormi. Proseguiranno solo se ci sarà un forte sostegno pubblico. Per questo il Paese più avanzato in questo campo è la Germania, che ha stanziato diversi miliardi di euro. Il problema è che, ora, le priorità della politica sono cambiate».

«Nonostante i cambiamenti politici e il periodo particolarmente complesso, la transizione energetica resta nei piani» ha detto Lorenzo Mottura, Executive Vice President della Divisione Strategy, Corporate Development & Innovation di Edison. «La “most promising technology” al momento è una combinazione tra efficienza, elettrificazione e rinnovabili». Facendo qualche esempio, Mottura ha parlato di «Ppa (power purchase agreement, ndr), che sono la soluzione migliore per evitare alle aziende un forte investimento iniziale. La biomassa legnosa è pure un valido contributo alla decarbonizzazione; potrebbe arrivare a sostituire il 6-8% della domanda di gas per la produzione di calore».


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