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Legambiente presenta il Rapporto Cave 2025

In Italia meno cave autorizzate (3.378, -20,7% rispetto al 2021) ma più prelievi di sabbia e ghiaia: 34,6 i milioni di metri cubi annuali (+18,5%). Legambiente: è inaccettabile che un settore con forti impatti ambientali ed economici sia ancora regolato da un decreto del 1927.

Legambiente presenta il Rapporto Cave 2025

Il settore estrattivo può giocare un ruolo importante nell’economia circolare. Ma serve un cambio di rotta per ridurre il prelievo di materiali e l’impatto delle cave sul paesaggio, dare nuova vita a quelle dismesse con interventi di ripristino ambientale e favorire il recupero e riciclo degli aggregati, superando normative obsolete, canoni di concessione irrisori e leggi regionali frammentate. È quanto torna a ribadire Legambiente che a distanza di quattro anni presenta il Report Cave 2025. Numeri alla mano, in Italia, complice la crisi del settore edilizio, si registra un calo delle cave autorizzate (quelle attive e quelle autorizzate ma in assenza di attività estrattiva in corso), scese a 3.378 (-51,3% rispetto alla prima rilevazione del report del 2008 e –20,7% rispetto al report 2021). Tuttavia, l’Italia registra un aumento dei prelievi per sabbia e ghiaia34,6 i milioni di metri cubi annuali (+18,5% rispetto al 2021). Sempre rispetto alla scorsa edizione del report quasi raddoppiati anche i volumi di calcare estratto (51,6 milioni di metri cubi, +92,5%) mentre sono scesi quelli di pietre ornamentali (5,5 milioni di metri cubi, -11,3%), secondo i dati forniti dalle Regioni e dalle due Province Autonome. Nonostante i quantitativi rilevanti, i canoni di concessione restano irrisori (in alcune Regioni inferiori a 50 centesimi al metro cubo) e il ritorno economico per le casse pubbliche derivante da sabbia e ghiaia non supera i 20 milioni di euro, mentre imponendo tariffe sui prelievi vicine al 20% del valore di mercato (come in Gran Bretagna) si potrebbero ottenere circa 66 milioni. Dunque, secondo le stime del Cigno Verde, 46,5 milioni di entrate annue mancate. Tornando al censimento delle cave si registra un lieve aumento delle cave dismesse (14.640, +3,5% rispetto al 2021), di cui solo una minima parte è destinata a interventi di ripristino ambientale.

Di fronte a questo ritratto eterogeneo Legambiente individua 3 priorità per rilanciare il settore in chiave sostenibile: 

1) Aumentare il recupero e riciclo dei materiali provenienti da demolizione e costruzione trasformandoli in alternative agli aggregati tradizionali, riducendo il conferimento a discarica, garantendo tracciabilità dei materiali, introducendo la demolizione selettiva nelle gare pubbliche, fissando obiettivi di recupero e riciclo e investendo nella formazione degli operatori. 

2) Introdurre un canone minimo nazionale per i materiali estratti, pari almeno al 20% del valore di mercato, per garantire un uso equo delle risorse e il ripristino di tutti i siti estrattivi, incentivare l’innovazione e il recupero ambientale e l’impiego di materiali riciclati a costi competitivi. 

3) Rafforzare la tutela dei territori, rendendo obbligatoria l’approvazione e l’aggiornamento dei Piani per le Attività Estrattive (PRAE) – ancora assenti in 6 Regioni e 1 Provincia Autonoma* – regolando i prelievi, l’uso di materiali riciclati, estrazioni sostenibili, garantendo il recupero delle aree e i controlli contro le infiltrazioni criminali.

È inaccettabile – dichiara Giorgio Zampetti, direttore generale Legambiente – che un settore con forti impatti ambientali ed economici sia ancora regolato da un decreto del 1927, basato su un approccio datato e che trascura le ricadute sui territori (in termini di polveri, risorsa idrica e suolo, rumore e vibrazioni, paesaggio, ecosistemi naturali). Governo e Regioni adottino una visione nuova, capace di favorire innovazione, rilancio dei distretti produttivi e nuovi green jobs nel riciclo dei materiali da costruzione. Le capacità tecnologiche e le esperienze di imprese attive in tal senso non mancano. Serve una legge quadro che preveda il monitoraggio delle cave attive e dismesse, che introduca regole uniformi per tutelare il territorio, Valutazione di Impatto Ambientale obbligatoria, recupero ambientale e divieto di attività in aree sensibili, incentivi all’uso di materiali riciclati rispetto alle materie vergini”.

Il report di Legambiente, oltre a definire le priorità del settore, raccoglie esempi virtuosi di gestione sostenibile delle cave, di recupero e riutilizzo di ma­teriali, e di innovazione in chiave circolare. Tra questi, la demolizione selettiva dell’Ospedale “Misericordia e Dolce” di Prato, con il recupero del 98% dei materiali, e il progetto “Corti di Medoro” di Ferrara, che ha riciclato oltre il 99% dei rifiuti. Altri casi mostrano come le cave dismesse possano rinascere come spazi verdi e culturali: il Parco delle Cave di Brescia e quello di Marco Vito a Lecce, fino all’Eden Project in Cornovaglia. In tema di esempi virtuosi, Legambiente ha anche stretto una partnership con Fassa Bortolo. Si tratta di esempi diffusi in varie parti d’Italia che fanno capire quanto il settore abbia ampi margini di miglioramento e prospettive di innovazione. Su questa scia, Legambiente dal 2017 collabora con Fassa Bortolo per divulgazione, sensibilizzazione e diffusione dell’informazione sulle nuove possibilità di utilizzo di materiali sostenibili in edilizia.

Lorenzo Bernardi, Direttore Ambiente, Salute e Sicurezza Fassa Bortolo, aggiunge: “Per noi, attività estrattiva e recupero ambientale non sono fasi distinte, ma un unico processo integrato. Oltre tre secoli di esperienza ci hanno insegnato che solo investendo a monte su tecnologie innovative, una pianificazione attenta e una gestione responsabile delle risorse è possibile ottenere risultati concreti, capaci di coniugare davvero lo sviluppo umano con la tutela dell’ambiente. La partnership quasi decennale con Legambiente nasce proprio da queste basi comuni, dalla consapevolezza che lavorare nel rispetto del territorio non è solo una questione di etica, ma un’opportunità che genera valore: un modello virtuoso che merita di essere condiviso e promosso come buona pratica per l’intero settore”.

I dati del report. In Italia 1.678 i Comuni con almeno una cava autorizzata. Tra le Regioni con più siti estrattivi la LombardiaVeneto Puglia, con oltre 300 cave autorizzate. Per le cave dismesse spiccano Lombardia (oltre 3.100), Toscana (2.400), Puglia (2.000) e Piemonte (1.847). Rispetto ai canoni, in Basilicata e Sardegna non sono previsti per nessuna tipologia di materiale estratto, in Valle d’Aosta è presente solo per sabbia e ghiaia, mentre i canoni più bassi si trovano in Calabria, Lazio, Puglia, Umbria, Valle d’Aosta (< 0,50 €/m³).

Il riciclo degli inerti. Rispetto alla Germania, Regno Unito, Francia e Paesi Bassi la produzione in Italia di aggregati naturali e artificiali utilizzabili al posto di materiali da cava è ancora molto ridotta: si stimano tra i 2.000 e i 3.000 impianti autorizzati (fissi e mobili) secondo quanto dichiarato da rappresentanti di ANCE nel 2021. Le Regioni con maggiore presenza di impianti di riciclo inerti sono del Centro-Nord: Lombardia, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Veneto, Trentino e Toscana.

Il Report Cave di Legambiente dal 2008, incrociando i dati forniti dalle Regioni e dalle due Province Autonome con quelli di Istat, monitora ogni quadriennio le attività estrattive con i numeri sugli impatti economici e ambientali, il quadro normativo e le opportunità volte all’economia circolare. 

* Abruzzo (dove il P.R.A.E. è stato adottato ma mai approvato), Molise, Sardegna, Calabria, Basilicata, Friuli-Venezia Giulia (dove il Piano è stato approvato preliminarmente), e Provincia di Bolzano. 

Foto da Pixabay


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